STA ALL'UOMO UNIRE IL CIELO E LA TERRA

 

La natura ama nascondersi. E molti gli danno la caccia, come il maestro cabalista Giuseppe Gikatilla, autore della “Schaare ora”, di cui la “Portae lucis” è una traduzione parziale. 

Come insegna Gikatilla, sta all’uomo unire il cielo e la terra e impedire la dissoluzione del tutto. Questo dovere impone un atto volitivo e prepotente del pensiero. Qual è, infatti, il pensiero più importante? È il pensiero abissale. Ma, in fondo, non è ogni pensiero abissale? Non è forse vero che ogni pensiero, spinto alle sue ultime conseguenze, porta alla propria negazione, prima, e, poi, a quella del tutto? È a questo che Platone, per fare un solo esempio eccellente, ha dovuto riflettere durante la decadenza della civiltà greca, davanti alle macerie irreparabili lasciate da quel Regime dei Trenta Tiranni che aveva dovuto il suo successo alla slatentizzazione della più schietta disumanità. Non ci vuole molto per generare mostri: una logica ineffabile, aritmetica e vuota, e quindi una retorica irresistibile è sufficiente, come ci mostra Aristofane, a dimostrare che è nel diritto e nei doveri dei figli picchiare i genitori, che è meglio, se non comunque inevitabile, per i poveri essere tali, e poi il nuovo che avanza, e poi il cambiamento, e poi ognuno al suo posto, le donne e gli stranieri per primi, e, infine, la dissoluzione del genere umano. È vero, ha allora riflettuto Platone, nel fondo dell’uomo come lo vedo ora slatentizzato c’è questo marasma, c’è questa confusione, c’è questo deserto ghiacciato, e c’è infine questo silenzio spaventoso che fa il rumore di un urlo che colma tutto terribilmente. Eppure, ha riflettuto ancora Platone, un pensiero incoerente, in quanto pensiero, si fonda su qualcosa di coerente. Eppure, un pensiero annichilente, in quanto pensiero, si fonda su qualcosa di totalizzante. È Dioniso, ha riflettuto allora Platone, nella sua orgia perenne. E Dioniso è il dio sul quale si fonda un buono Stato. È Dioniso, quando danza sull’orlo dell’abisso cantando mostruosamente, che tiene infatti saldo e unito il cielo alla terra. Un pensiero abissale, quando sia davvero tale, deve dunque condurre a questa unione, e di questa unione si fa incarico l’uomo di buona volontà. Come mostra l’illustrazione del frontespizio della sua opera, Portae lucis, un uomo nell’atto di impugnare e sostenere la struttura del reale, Gikatilla ci insegna a tenere saldamente e con coraggio in mano la struttura annichilente e invisibile del reale.

 

 

L’immagine è il frontespizio della prima edizione di Portae lucis, opera scritta da Gikatilla, stampata  da Johann Miller ad Augusta nel 1516.

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